Legiferare l'Anima

a cura di Salvatore Magra

Salvatore Magra è un esperto di diritto che ama collegare il fenomeno giuridico alla filosofia.

E ti vengo a cercare

Sono studente liceale di 16 anni. Un mio amico mi registra in una cassetta il contenuto di "Fisiognomica" di Franco Battiato, cantautore che apprezzo in alcuni interventi televisivi, anche per il suo atteggiamento apparentemente non omologato, rispetto al cliché del marchingegno mediatico, da cui traspare una insofferenza verso taluni meccanismi paragonabili a una "ruota del criceto", in cui si corre e si resta sempre sullo stesso punto, come in un tapis-roulant. In questa fase di vita sento l'esigenza di emozioni intense, che l'ambiente scolastico, con la sua routine, non riesce a darmi. Avverto un senso di rabbia e frustrazione. Sono molto legato a mia madre e il percorso per spiccare il volo e partorire la farfalla dal bruco è problematico.

Il sistema scolastico, basantesi su una logica prestazionale, non rende appieno le esigenze di realizzazione della persona, alla ricerca dei propri obiettivi originari. Si impone il pensiero che le persone siano voti, ossia numeri di uno schedario privo di senso.

Si avverte una tendenza all'omologazione e permane un senso di anestesia. La musica può aprire nuove dimensioni e ampliare i propri orizzonti. Forse, occorre eliminare gli steccati fra i vari generi di musica, perché anche questo è frutto di una convenzione, come quell'aggregato omologante, rappresentato dal sistema scolastico.

In un momento di libertà, comincio ad ascoltare la registrazione dell'album. Il primo pezzo del disco, dal titolo "Fisiognomica", fa pensare a un dialogo tra una persona che abbia raggiunto un livello di consapevolezza sufficientemente elevato, che dialoghi con sé stesso o con altra persona, forse un suo alter ego, la quale gli raccomanda di ricordarsi della sua imperfezione e di rivolgersi al Trascendente, in caso di malessere, perché solo così un ruscello può essere supportato da una fonte d'acqua viva. Rifletto sulla circostanza che proprio l'anestesia in cui siamo innestati sia adesso come allora (trent'anni fa) preclude il raggiungimento di livelli di consapevolezza che vadano verso una profondità verticale (e non solo), tale da modificare i sistemi di pensiero, anche attraverso una profonda conoscenza di noi stessi. Occorrerebbe navigare di nuovo nel liquido amniotico.

Passo all'ascolto di "E ti vengo a cercare". Si crea in me un monoideismo , vale a dire la focalizzazione dell'attenzione solo su un unico elemento, tipico degli stati auto ipnotici, ossia riesco a "dimenticare provvisoriamente" l'ambiente in cui mi trovo (la mia stanza, guscio protettivo) e a espandermi, mi sento vibrare. Si tratta della concretizzazione di un bisogno, rispetto alla tendenza all'omologazione che la vita scolastica scandita a tappe, bisogno di cui avverto l'esigenza, anche ai fini di un arricchimento delle sensazioni vitali.

In varie fasi successive, oltre ad approfondire i contenuti dell'album "Fisiognomica", avverto l'esigenza di conoscere il pensiero multiforme e le tecniche miste, cui si ispira Battiato durante la sua lunga carriera, e seguo il suo percorso musicale. Commetto un errore: lo scambio per un maestro. I ruoli di maestro e discepolo sono etichette, occorre prescindere da esse; ci può essere un accompagnamento verso nuovi spiragli e nuove scintille di vita.

L'ascolto di "E ti vengo a cercare", in un'ottica sincronica, è un invito ad approfondire il pensiero di un Autore, da cui poi scaturirà l'avvicinamento a taluni contenuti di filosofia orientale, a Gurdijeff, alla Quarta Via, ma anche a Krishnamurti e altri pensatori.

Mi chiedo se il testo sia una preghiera a Dio o una dichiarazione d'amore al proprio inconscio o alla propria parte femminile, presente anche in un uomo, o a una donna. Penso a una compagna di liceo, per la quale ho una simpatia platonica. Mi viene in mente lei mentre ascolto il testo, al buio in una stanza con una musica a un volume medio-alto. Il lavoro si presenta come una sapiente sintesi di musica e parole. Il testo è una proiezione della musica e si biforca non solo nelle direzioni della verticalità e dell'orizzontalità, ma anche dell'obliquità. Vi è un afflato rivolto al proponimento della collaborazione con altri esseri umani, per raggiungere un grado di elevazione sia spirituale, sia di dignità di vita.

L'immagine dell'"Uno al di sopra del Bene e del Male", che l'Autore cerca, mi fa venire in mente l'"Uno" del neo-platonico Plotino, Essenza trascendente, la quale non può descriversi, emergendo di essa solo ciò che non "è". L'"Uno " crea il mondo per sovrabbondanza, ma l'accostamento con il verso di Battiato non è totalmente proponibile perché, nella filosofia di Plotino, l'Uno si correla solo al Bene. Forse, si tratta di una dimensione in cui le problematiche del quotidiano, che ci coinvolgono tutti, si vedono come dall'esterno o dall'alto, con l'acquisizione di un distacco, che non significa rinuncia ad affrontare la vita, ma creazione di un'attitudine ad affrontare questa con maggior vigore, all'interno della coltivazione di un contesto di gratitudine verso il mondo.

L'Autore cerca un'essenza al contempo spirituale e temporale, da cui è invaso, per la ricerca della propria origine e della propria genesi. Il misticismo e la sensualità si intersecano, così come l'innamoramento, sia fisico sia religioso, rappresentano una forma di ipnosi e portano a uno stato alterato di coscienza, con l'idealizzazione dell'oggetto d'amore.

L'Autore avverte l'esigenza di un'elevazione dei propri desideri, ma non nel senso di una ricerca immersa nella mondanità, ma nella percezione dell'elemento profondo, che è presente in ogni azione quotidiana (si può far meditazione zen anche lavando i piatti). Il "rapimento mistico e sensuale" sembra una coacervo di sensazioni sublimi, ma è anche è anche una prigione emotiva e probabilmente l'inconscio dello scrittore vuole anche liberarsi da questa catena e giungere a una dimensione più profonda e consapevole, in cui emerga la libertà.

Si sente l'esigenza di un sano isolamento, per i vizi dell'ambiente in cui si vive, e questo passaggio è solo apparentemente in contraddizione con la ricerca di qualcosa, perché ciò che si cerca è interno ed esterno a noi. L'eremita può anche essere la nostra "Ombra", che rinuncia all'omologazione e perviene alla propria individuazione, non riconoscendo negli altri la "verità", ma cercando una propria "Verità" interiore. Il dialogo con la sensualità e con il Trascendente mistico può anche essere interno e comporta una rinunzia al sé del "samsara", ossia delle illusioni e della voluttà del quotidiano, nella visione buddista. Emerge un'apertura al mondo delle altri uomini e donne e un'espansione, che si traduce in un afflato che trascende l'umano e si rivolge agli animali, alle piante e all'ambiente nella sua globalità e che ricomprende l'universo. L'uomo è una rappresentazione dell'Universo, in cui infinitamente grande e infinitamente piccolo si collegano.

Battiato, cercando l'entità oggetto del testo, vuol scoprire le proprie radici, da cui promana la sua essenza, che consente di configurare un grado di pensiero che colleghi l'Immanente al Trascendente, in una dimensione, in cui la spiritualità fa parte integrante dell'ontologia degli esseri viventi (uomini, animali, piante) e dell'ambiente in cui essi vivono. Questa descrizione è in consonanza con il mio pensiero e ne resto emotivamente coinvolto, perché da ragazzo avverto questa esigenza di espansione, di allargamento degli impegni, di connessione con dimensioni più elevate, che consentano di comprendere come i problemi possano essere affrontati e ridimensionati in modo costruttivo, attuando un processo di crescita, che ricomprenda anche una dimensione spirituale.

L'acquisizione di una dimensione adulta implica un allargamento della coscienza all'esperienza del dialogo non manipolativo con altre persone, in uno con l'acquisizione di una piena fiducia in sé stessi e contestuale indipendenza dagli altri. Il testo invita l'ascoltatore non solo al raggiungimento di una dimensione pregna di spiritualità, ma anche di una dimensione adulta e ciò può essere un paradigma assai positivo per un ragazzo di sedici anni (questa era la mia età la prima volta in cui fui "avvolto" dal testo vibrazionalmente collegato con la musica).

Battiato vuol "emanciparsi dall'incubo delle passioni", proprio attraverso la ricerca di una dimensione unitaria, che implica il vivere anche momenti di solitudine interiore ed esteriore e forse pure in questi termini può considerarsi la metafora dell' "Eremita che rinuncia a sé". Non è un ritirarsi dal mondo, ma un cercare spazi anche giornalieri di dialogo interiore, necessario tanto quello con gli altri, per comprendere i propri talenti genuini e non cedere alle manipolazioni di persone che desiderano plasmarti a proprio piacimento. Queste esigenze sono presenti in me nel momento di vita in cui ascolto questo testo.

Anche nel mondo materiale si può in qualche modo costruire un'"Ombra" del Divino ed è forse questo l'auspicio dell'Autore quando scrive di avere il desiderio di "essere un'immagine divina" di questa Realtà.

Il confronto sia con persone esterne, sia con la propria interiorità, può aiutare a comprendersi meglio, attraverso un rapporto empatico che si realizzi con la natura, gli altri esseri viventi, l'universo, in una consonanza vibrazionale. In qualche maniera, l'Autore si propone di rinascere, ma non solo nel senso della metempsicosi, in cui Battiato afferma di credere, ma nel senso dell'elevazione a una dimensione che trascenda il ciclo di vite e la necessità di reincarnarsi, al fine di tornare nella dimensione originaria del "senza tempo e senza spazio".

Si può anche apprezzare la profondità di pensiero, anche ove non si aderisca all'idea della reincarnazione, o si intenda questa come metafora della circostanza che, in varie fasi di vita, secondo le nostre esperienze, noi rinasciamo spesso, anche al fine di superare il parassitismo e la ricerca ossessiva di approfittamento del potere in mano di altri, secondo logiche di vassallaggio e cortigianeria.

Lo stesso Autore, a proposito del testo in commento ha affermato: "È una canzone volutamente ambigua. Divini sono, per chi ama, anche una donna o un uomo, a seconda dei casi. Però la tendenza è verso un essere superiore. C'è anche il tema dell'emancipazione dalle passioni che fa pensare a qualcosa di divino, così come anche la ricerca dell'essenza". Non è necessario pensare a una dichiarazione nei confronti di una singola persona, ma è possibile reputare presente una dichiarazione nei confronti della realtà universale, o di un interlocutore esterno, che ci accompagni nella ricerca del Maestro interiore, pur in un contesto in cui non si creda in una dimensione Trascendente.

Vi è, peraltro, una spinta nel senso della verticalità. Ciò è probabilmente confermato dalla circostanza che nella fine del testo Battiato ha utilizzato la parte iniziale del coro conclusivo della "Passio secundum Johannem", BWV 245, di Johann Sebastian Bach, nella quale vengono recitati i versi: "Ach Herr, lass dein lieb engelein

Am letzten end die seele mein" ("Oh Signore, fa che il tuo caro angioletto all'ultimo finisca l'anima mia").

Koan e Zen

16.02.2023

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