CINEMA E FINZIONE

03.04.2023

RAPPORTO TRA REALTÀ E FINZIONE 

In generale possiamo dire che il cinema riesce a proiettare lo spettatore all'interno della storia, a prescindere che si tratti di film realistici o fantastici. La scelta di realizzare film il più possibile realistici o film che si rifanno al fantastico e al meraviglioso riguarda per lo più l'autore; il dibattito incentrato sulle due posizioni ha, però, interessato il cinema sin dal suo incipit: molto spesso, infatti, tale dibattito trae origine da un confronto serrato tra il lavoro dei fratelli Lumière e di Méliès.

Oggi, grazie alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia, la produzione di mondi alternativi a quello reale si fa sempre più concreta; infatti, se è vero che il cinema ha sempre prodotto illusioni, oggi le tecniche e i modi attraverso cui queste illusioni si realizzano sono stati sicuramente incrementati. Un ruolo fondamentale in tal senso va comunque ricercato nella capacità immaginativa dello spettatore, capacità che, come afferma Sartre, si fonda sulla libertà della coscienza di assumere un atteggiamento estraniante rispetto al mondo. Se pensiamo al gioco, ad esempio, ci rendiamo conto come questa capacità immaginativa permetta sia al bambino che all'adulto di vivere emotivamente un'esperienza che seppur inserita in un contesto reale risulta inevitabilmente fittizia. In ultima analisi potremmo dire che la distinzione che viene fatta tra film fantastici e film realistici è in realtà molto meno netta di quanto si possa pensare. Infatti, se per i primi si utilizzano comunque tecniche di produzione tali da rendere il film più realistico possibile, per i secondi bisogna considerare che si rifanno sempre a qualche aspetto dell'esperienza. Proprio per questo, che si parli di film realistici o di fantascienza, come quelli qui presi in considerazione, chi guarda il film si sentirà sempre coinvolto dalla storia narrata.

L'UOMO BICENTENARIO E ROBOT SOCIALI 

Tra i vari film che parlano di Intelligenza Artificiale, quello che qui verrà preso in considerazione è L'uomo bicentenario (1999) di Chris Columbus, tratto dall'omonimo racconto di Isaac Asimov. Nel film viene raccontata la storia di Andrew Martin, uno tra i primi robot antropomorfi acquistato dalla famiglia Martin come robot domestico. In seguito ad un periodo di permanenza nella casa, Andrew decide di intraprendere un percorso di trasformazione per avvicinarsi allo stato di essere umano. Una svolta decisiva alla sua esistenza gli viene data grazie all'incontro con la nipote di quella che un tempo era la bambina più piccola della famiglia presso cui prestava servizio. Grazie a questo incontro il robot arriva a conoscenza dell'amore, così com'è declinato dagli uomini e prova a farsi riconoscere come tale. Nella parte finale del film, Andrew, che grazie ad una serie di interventi rinuncia alla sua immortalità, sul letto di morte viene dichiarato un essere umano.

Oggi Andrew potrebbe ricadere nella definizione di robot sociale, ossia quella categoria di robot che entrano in stretto rapporto con gli esseri umani. Questi, infatti, vengono progettati attraverso tecniche di apprendimento sociale per far sì che l'interlocutore umano possa sentirsi coinvolto nell'interazione. Il campo di utilizzo di questi robot specializzati consiste in operazioni di assistenza, guida, educazione e facilitazione di interazioni sociali. Negli ultimi anni l'utilizzo di tali robot è stato accolto soprattutto come supporto per bambini con sindrome dello spettro autistico.

Uno dei maggiori problemi riguardo questi robot si rifà alla questione empatica, capacità che facilmente potremmo attribuire al protagonista del film a cui ci stiamo riferendo. Una definizione interessante di empatia ci viene fornita da Adam Smith in Teoria dei sentimenti morali (1759): «La simpatia, perciò, non sorge tanto dalla vista della passione, quanto dalla vista della situazione che la suscita. Proviamo a volte, al posto di un altro, una passione della quale lui stesso sembra del tutto incapace, perché, quando ci mettiamo nei suoi panni, quella passione sorge in noi dall'immaginazione, nonostante non sorga in lui dalla realtà»

È molto difficile immaginare che i robot sociali possano arrivare a padroneggiare un certo tipo di empatia, inoltre anche quando riescono a simulare le emozioni dell'altro o a prevedere le intenzioni dell'altro (come espresso dall'esperimento condotto dalla Columbia University di New York che ha dimostrato che è possibile sviluppare una condizione empatica nelle macchine), si tratta sempre di una simulazione che rischia di incidere negativamente sul senso che comunemente diamo alle nostre emozioni. Il rischio di utilizzare nomi quali emozioni o empatia in riferimento alle macchine, infatti, è quello di portare ad una riduzione di senso del termine stesso. Si incorre in quello che filosoficamente possiamo chiamare problema dei Qualia, in base al quale l'interazione con un robot in grado di relazionarsi con gli esseri umani non implica alcuna forma di comprensione da parte del robot né tantomeno una capacità morale.

È importante, dunque, ricordare che ci sono dei rischi derivanti dall'instaurazione di un legame affettivo tra uomo e macchina, soprattutto nei confronti di soggetti fragili come anziani e bambini. Questo non significa demonizzare la ricerca tecnologia, ma riconoscere che quando parliamo, ad esempio, di robot da inserire all'interno di strutture per gli anziani, dovremmo fare uno sforzo ulteriore e ragionare sul concetto di cura per evitare che questo venga declinato in modo errato e perda di valore. Infatti, se il supporto datoci dalla tecnologia è importante, lo stesso vale per i professionisti che operano in tali settori, in quanto nessuna macchina potrà mai sostituire il calore e la sensibilità umana. 

L'uomo bicentenario (USA,1999) 

Regia: Chris Columbus 

Soggetto: Isaac Asimov, Robert Silverberg 

Sceneggiatura: Nicholas Kazan 

Fotografia: Phil Meheux 

Musiche: James Horner 

Scenografia: Norman Reynolds, Anne Kuljian 

Montaggio: Neil Travis, Nicolas De Toth 

Produzione: 1492 Pictures, Columbia Pictures, Laurence Mark Productions, Radiant Productions, Touchstone Pictures 

Cast: Robin Williams (Andrew Martin), Embeth Davidtz (Amanda Martin /Portia Charney)

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